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GREEN PASS E VACCINI NELLO SPORT: PARLANO I MEDICI

Rispondiamo con i pareri di professionisti alle numerose domande ricevute.

A seguito dell’entrata in vigore del Decreto Legge del Governo Italiano (DL105 del 23.07.21) che prevede il Green Pass obbligatorio per tutte le persone con più di 12 anni che partecipano ad alcune attività, fra le quali quella che si svolge in palestra, abbiamo ricevuto una cospicua serie di messaggi di persone che chiedevano soluzioni affinché questa limitazione non provocasse un ulteriore calo degli iscritti alla nostra attività sportiva che si svolge inevitabilmente al chiuso. 

Il dibattito in merito al Green Pass è di portata mondiale ed in continua evoluzione, ma nonostante questo abbiamo cercato di quantificare con i numeri, l’unico mezzo inconfutabile da chiunque, il peso di queste preoccupazioni.

E così, un paio di settimane fa, sui nostri canali, è stato pubblicato un sondaggio anonimo, dedicato ai lettori con più di 12 anni, in cui veniva chiesto loro se avessero o avrebbero fatto a breve il vaccino. 

Su 15.957 persone, l’84% dei partecipanti ossia 13.404 utenti, hanno detto “Sì” al vaccino, e il 16% quindi 2.553 hanno detto “No”. 

Premettiamo che è un dato puramente indicativo, in quanto non ci è permesso verificare né l’identità né la validità delle preferenze, ma rispecchia in pieno quanto ci state raccontando. Un po’ meno di 2 atleti ogni 10 ad oggi non è vaccinato e quindi, per allenarsi, ricorre al tampone antigienico ogni 48 ore.

Nel mese di agosto, in Italia, si allenano prevalentemente le sole squadre agonistiche, il che significa che questa misura per ora ha coinvolto una piccolissima parte degli atleti e che solo in autunno inoltrato si potranno trarre le conclusioni sull’effettivo calo o meno dei tesserati. 

Per questo oggi non riteniamo utile soffermarci sull’adesione o meno al vaccino, che è una scelta libera ed individuale, ma viste le numerose domande e perplessità emerse sui nostri social circa la reale necessità dello stesso, vorremmo provare a darvi uno spunto di riflessione basato sui dati scientifici e sulle parole di chi in qualità di Professionista ha la facoltà, il compito e le conoscenze per poter esprimere un parere: i medici.  

Affrontiamo il discorso, con l’aiuto del Dottor Matteo Annoni (medico chirurgo, specialista in chirurgia generale, socio aggregato Federazione Medico Sportiva Italiana) diviso in più punti così che la trattazione sia più scorrevole e facilmente comprensibile. 

  1. COSA E’ IL GREEN PASS? 

Il Green Pass, spiega il Dottor Annoni, è un documento di identificazione/certificazione di una caratteristica “biologica” di un singolo individuo, che lo rende idoneo a una vita sociale sicura, ordinata e regolamentata. Chi sostiene che il Green Pass sia una prevaricazione della libertà personale e una lesione irreparabile dei diritti umani sbaglia, ma a causa dell’errato bombardamento mediatico che ogni giorno confonde e destabilizza i cittadini di tutto il mondo, incomprensioni e fraintendimenti sono purtroppo molto diffusi.

  1. IL VACCINO 

I vaccini,  sottolinea il Dottor Annoni, che oggi sono in commercio per la prevenzione di infezione di SARS-COV2 sono tutti sicuri, prodotti nel rispetto assoluto e controllati quotidianamente nei minimi dettagli delle normative vigenti in merito a ricerca scientifica e sperimentazione, linee di produzione e commercializzazione e gestione degli effetti avversi, altro argomento in merito al quale sono stati costruiti castelli di bugie senza ritegno.

Riportiamo su suggerimento del Dottore un passo tratto da “Pillole di Ottimismo” del Prof Guido Silvestri (patologo, immunologo, virologo, divulgatore scientifico ed accademico italiano) e del Dottor Paolo Spada:

 “Finalmente sono arrivati anche i dati italiani, comunicati della conferenza stampa del Ministero della Salute di venerdì 12 luglio ultimo scorso, che riportiamo integralmente:
CS N°36/2021 – Covid-19: il vaccino protegge da infezioni, ricoveri e decessi fino al 100%
ISS, 9 luglio 2021
Il vaccino contro il Covid-19, se si sono completate le dosi previste, è efficace circa all’80% nel proteggere dall’infezione, e fino al 100% dagli effetti più gravi della malattia, per tutte le fasce di età. Lo dimostrano i dati elaborati dall’Istituto Superiore di Sanità provenienti dall’anagrafe nazionale vaccini (AVM) e dalla sorveglianza integrata dei casi di infezione da virus SARS-CoV-2 relativi al periodo tra il 21 giugno e il 4 luglio.
Nell’elaborazione è stato esaminato lo status vaccinale di infetti, ricoverati e deceduti per SARS-COV-2, e l’efficacia vaccinale è stata calcolata separatamente per quattro fasce di età, 12-39, 40-59, 60-79 e over 80.
Per quanto riguarda l’infezione il ciclo completo di vaccinazioni ha un’efficacia tra il 79,8% e l’81,5%, a seconda della fascia d’età.
Per i ricoveri ordinari l’efficacia varia dal 91,0% al 97,4% con il valore più alto nella fascia 40-59 anni.
Per i ricoveri in terapia intensiva l’efficacia è del 100% nelle due fasce più giovani (cioè non si è verificato nessun ricovero in terapia intensiva nei vaccinati nel periodo considerato) e scende leggermente al 96,9% negli over 80.
Per quanto riguarda i decessi l’efficacia è di nuovo del 100% nelle due fasce più giovani, mentre scende al 98,7% in quella 60-79 (2 decessi tra i vaccinati contro i 78 dei non vaccinati) e al 97,2% negli over 80 (15 decessi nei vaccinati e 62 nei non vaccinati.”

QUI potete visitare il comunicato stampa

https://www.iss.it/comunicati-stampa/-/asset_publisher/fjTKmjJgSgdK/content/id/5790936?_com_liferay_asset_publisher_web_portlet_AssetPublisherPortlet_INSTANCE_fjTKmjJgSgdK_redirect=https%3A%2F%2Fwww.iss.it%2Fcomunicati-stampa%3Fp_p_id%3Dcom_liferay_asset_publisher_web_portlet_AssetPublisherPortlet_INSTANCE_fjTKmjJgSgdK%26p_p_lifecycle%3D0%26p_p_state%3Dnormal%26p_p_mode%3Dview%26_com_liferay_asset_publisher_web_portlet_AssetPublisherPortlet_INSTANCE_fjTKmjJgSgdK_cur%3D0%26p_r_p_resetCur%3Dfalse%26_com_liferay_asset_publisher_web_portlet_AssetPublisherPortlet_INSTANCE_fjTKmjJgSgdK_assetEntryId%3D5790936

  1. IL VACCINO NEI RAGAZZI. 

La questione vaccini ai ragazzi è indubbiamente quella che più ha interessato il mondo dello sport che, da quasi un mese, affronta i dubbi di tanti genitori che si interrogano sulla reale necessità di tutelare i più giovani da una virus che sembra non coinvolgerli più di tanto. 

Per approfondire questo punto, citiamo il Professor Aldo Manzin, Ordinario di microbiologia e microbiologia clinica dell’Università degli Studi di Cagliari.

“E’ certamente vero che bambini e ragazzi si ammalano in media meno e che sviluppano forme di Covid-19 meno gravi, seppure ci sono ormai diverse segnalazioni di casi di ricovero negli under 20. Tuttavia bambini e ragazzi sono suscettibili all’infezione e la possono trasmettere, e ora in Italia attualmente il trend di infezioni negli adolescenti non è differente da quello degli adulti. 

Seppure i bambini presentano una minore suscettibilità all’infezione a causa di meccanismi diversi (ad esempio, una minore presentazione dei recettori a livello dell’apparato respiratorio, migliore “competenza” immunologica, ecc.)  è comunque importante vaccinarli, sia per evitare che sviluppino malattia e complicanze (anche a distanza) da essa derivate sia per evitare che possano trasmettere l’infezione ad altri. I minorenni in Italia e in altri paesi (compresi gli Stati Uniti) sono oltre il 20% della popolazione, e perciò rappresentano una quota importante di popolazione da coprire per raggiungere una buona immunità di comunità. 

Perché oggi siamo maggiormente autorizzati a promuovere questa strategia? Perché ormai si sono accumulati dati più che soddisfacenti (e certi) sull’effetto dei vaccini nella popolazione adulta che risulta protetta non solo dallo sviluppare forme sintomatiche e/o gravi di malattia, ma anche dalla possibilità di infettarsi (se non in maniera transiente) e trasmettere il virus ad altri. Tali dati derivano dallo studio di casi in “real life”, non sono sperimentali, ma attuali: sicuramente in coloro cui sono stati somministrati i vaccini a mRNA, ma anche per i vaccini a vettori adenovirali si inizia ad osservare lo stesso effetto (che più volte abbiamo definito “sterilizzante”, anche se per questo tipo di virus il termine è forse non appropriatissimo, ma la sostanza non cambia), si è documentata non solo la protezione dallo sviluppare sintomi, ma anche dal contagio.

Pochi giorni fa Pfizer ha riportato i risultati di uno studio preliminare (non ancora pubblicato) che ha coinvolto negli Stati Uniti 2.260 volontari tra i 12 e i 15 anni di età: i risultati dimostrano che rispetto ad un gruppo di volontari di pari età non vaccinati in nessuno degli adolescenti cui è stato somministrato il vaccino a mRNA sono stati registrati casi di infezione.

Che questi risultati non siano sorprendenti per chi conosce un minimo di virologia e di immunologia è ovvio: ma l’averlo detto, così come aver sempre ipotizzato un effetto di riduzione della contagiosità dei vaccini, trova oggi conforto sia nei dati sperimentali che in quelli ottenuti “sul campo”.

Cosa ci sarà di diverso nei vaccini che riceveranno i bambini?

La composizione dei vaccini COVID-19 per i bambini e adolescenti sarà la stessa utilizzata negli adulti – la differenza, ovviamente, potrebbe risultare nella differente dose (come da sempre è richiesta per l’età pediatrica, così come per gli adolescenti). Questo sarà il primo obiettivo dei trials che si susseguiranno. La dose più bassa possibile corrisponderà a quella più sicura e efficace possibile, e questa sarà utilizzata per definire il livello di protezione idoneo per la classe di età corrispondente.

  1. IL VACCINO UNDER 12?:  

Parla il Prof. Giuseppe Remuzzi, Direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS

(Pillole di Ottimismo)

Come per gli adulti, anche negli adolescenti la vaccinazione anti-COVID-19 ha provocato effetti collaterali attesi (dolore al sito dell’iniezione e alle articolazioni, mal di testa, brividi, dolori muscolari e febbre), riportando più eventi avversi dopo la seconda iniezione del vaccino rispetto alla prima somministrazione. Le scorse settimane i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) americani hanno esaminato i rapporti secondo cui un piccolo numero di adolescenti, vaccinati contro il Coronavirus, ha riportato problemi cardiaci. Al contrario di quanto sembrava all’inizio (e cioè che i problemi cardiaci non superassero quelli attesi per la stessa fascia d’età), dati dell’Advisory Group dei CDC “Vaccine Adverse Event Reporting System” (VAERS) dimostrerebbero che i casi di miocardite e pericardite sono di più di quelli che ci si potrebbe aspettare. Anche il Ministero della Salute israeliano ha riscontrato un piccolo numero di casi di infiammazione cardiaca, osservati principalmente nei giovani che hanno ricevuto il vaccino di Pfizer. Dalla revisione condotta dal Dipartimento per la Sicurezza dei Vaccini del Ministero della Salute israeliano, i casi di miocardite segnalati – classificati come lievi – sono stati 275 su oltre 5 milioni di persone vaccinate tra dicembre 2020 e maggio 2021. Il legame è stato osservato più tra i maschi di età compresa tra i 16 e i 19 anni che in altre fasce di età. Un’analisi riportata dal New York Times di questi giorni analizza i dati preliminari di VAERS ottenuti dopo aver analizzato 300 milioni di dosi di vaccini a mRNA somministrati agli adolescenti fino all’11 giugno 2021 che dimostrano 150 casi di miocarditi dopo la prima dose con Pfizer/BioNTech, 117 con Moderna; e con la seconda dose rispettivamente 563 con Pfizer e 264 con Moderna. Ci sono poi altri 132 casi di cui non si sa se siano stati dopo la prima o dopo la seconda dose, in tutto si tratta di 0,0004%, nessuno di questi gravi, sono più frequenti nei maschi tra i 12 e i 17, ma i benefici superano comunque i rischi: su milioni di seconde dosi il vaccino causerebbe 70 casi di miocarditi ma eviterebbe 5700 infezioni, 215 ricoveri e 2 morti.

E per i bambini?

La FDA sta attualmente prendendo in considerazione la vaccinazione contro il COVID-19 per i bambini a partire dai 6 mesi d’età. Lo studio valuterà la sicurezza, la tollerabilità e l’immunogenicità del vaccino, con un programma di due somministrazioni (circa 21 giorni a parte), in tre gruppi di età: bambini dai 5 agli 11 anni, da 2 ai 5 anni e da 6 mesi a 2 anni.

La difficoltà per i ricercatori è il dover stabilire una dose sicura ed efficace, verosimilmente inferiore a quelle somministrate agli adulti e agli adolescenti, dato che anche per i più giovani la risposta immune è molto vivace. Quello che si dovrà fare è partire con un piccolo gruppo di bambini con una dose di vaccino molto bassa, vedere la risposta del sistema immune ed eventualmente salire con le dosi gradualmente fino al punto in cui si raggiunge una risposta immune adeguata.

Una volta finiti gli studi, se il rapporto rischi/benefici risulterà favorevole, sarà davvero necessario vaccinare anche i più piccoli contro il COVID-19?

La risposta a questa domanda non è affatto ovvia: il vantaggio di una vaccinazione a un gruppo d’età che raramente si ammala, e quando si ammala nella stragrande maggioranza dei casi sviluppa una malattia molto lieve, non è paragonabile a quello delle altre classi età. Così se il pericolo che corrono i bambini ammalandosi è bassissimo, un rischio anche minimo di avere effetti indesiderati a causa del vaccino andrà quindi valutato molto attentamente, in base ai dati che di volta in volta saranno disponibili.

Una delle ragioni per vaccinare i bambini è che la malattia, per quanto rara in questa fascia di età, può portare a una sindrome di infiammazione multisistemica che ha riguardato 4 mila bambini negli Stati Uniti nell’anno passato e molti di più nel mondo. È una malattia che secondo un lavoro appena pubblicato nel Journal of Pediatrics colpisce di più i neri e gli ispanici e molto meno i bianchi. In particolare, chi richiede cure intensive appartiene a queste etnie. Lo stesso studio però dimostra che una diagnosi precoce e il trattamento ormai standardizzato è in grado di ridurre la gravità di questa complicanza ed eliminare la mortalità. Nonostante tutto questo, in una lettera aperta appena pubblicata, i medici inglesi dopo aver considerato benefici e rischi del vaccinare i bambini, concludono che per il momento non c’è ragione di pensare a vaccinare i bambini”.

5. Vaccino – Green Pass – Sport

Non vi è alcun dubbio, spiega il Dottor Annoni, che la Federazione Medico Sportiva Italiana, l’organismo deputato alla sorveglianza, alla regolamentazione e alla divulgazione della Salute in ambito sportivo, raccomandi senza esitazione la vaccinazione (e il conseguente ottenimento del Green Pass). Così è stato per gli atleti olimpici dai quali anche in questo si dovrebbe trarre esempio, così deve essere e sarà per amatori e agonisti. Sul sito Federale è possibile trovare la circolare esplicativa e tutte le altre informazioni necessarie a tal proposito ( https://www.fmsi.it/it/archivio/archivio-news/477-comunicato-stampa-regione-lombardia-fmsi.html)

Da medico che da due anni lavora in un centro COVID e che segue in presenza e con passione la ginnastica artistica, concludo sottolineando che il COVID è stato per tutti una novità improvvisa e come tale la gestione in ogni ambito, sport compreso, ha richiesto e richiede sperimentazione, training, allenamento, prove e ripetizioni, così come la ginnastica, richiede numerose e numerose cadute prima dell’esercizio buono. Cosa fa la differenza in entrambi i casi? La pazienza, il metodo, l’ascolto, l’aiuto reciproco, la preparazione, l’assenza di improvvisazione, la responsabilità, il rispetto delle regole e dei ruoli, la puntualità e la precisione, la sensibilità e la capacità di adattamento, il rispetto dei doveri individuali e collettivi piuttosto che l’anteporre, l’assecondare quelli si pensa siano i propri diritti, solo così si diventa ottimi atleti, educati dall’esempio, e cittadini rispettosi e partecipi di una vita sociale coerente e sicura.

Credo che questa pandemia ci abbia ricordato che la salute merita maggiore attenzione e comportamenti a tal proposito. Ho letto alcuni dei commenti ai vostri post e, pur trovandoli spesso inutilmente provocatori, sono stati un ottimo spunto di riflessione: da genitore di una bambina che farà sport quanto prima, ad esempio, sceglierò di mandare mia figlia dove le regole e le leggi sono rispettate, applicate e fatte applicare, dove la sicurezza in ogni ambito ha i dovuti presupposti. Non credo che una ASD che è il più attenta e precisa possibile ad ogni evento favorevole o avverso, che richiede a tutti il rispetto delle regole e garantisce standard gestionali qualitativamente elevati possa minimamente perdere atleti, anzi! 

Accettazione del rischio e fiducia reciproca: mi piacerebbe sapere dai lettori non vaccinati o contrari al Green Pass perché lo sono… una delle risposte più comuni che sento è che non ci sono garanzie che non si verifichino gli effetti avversi del vaccino, così come che non causi chissà che mutazioni genetiche e via dicendo. A tutte queste persone vorrei dire che ogni procedura medica, così come ogni cosa che facciamo, non è totalmente esente da rischi per la nostra salute e per la nostra vita, ma accettiamo il rischio, lo facciamo ogni volta che prendiamo un antidolorifico, che subiamo un intervento chirurgico, che prendiamo la macchina, la moto o andiamo a piedi, quello che cambia è la fiducia, in noi stessi, negli eventi e nei professionisti a cui ci affidiamo. Medici, comunità scientifica e professionisti chiedono ed erogano prestazioni di qualità che nascono per NON causare danni, ma non sono infallibili; il rapporto deve essere fiduciario e non di rifiuto in assenza di certezza, banalizzando l’esempio, è come se io non portassi mia figlia in palestra perché il tecnico non può escludere con certezza che facendo uno sport acrobatico come la ginnastica possa cadere e farsi male. 

Per quanto riguarda la richiesta del Green Pass, proviamo a cambiare il sistema di riferimento (come si dice in fisica) e a vedere le cose dal lato giusto: le argomentazioni di tanti, troppi, sono “sono andato di qua, di la, di su, di giù e non mi hanno chiesto nulla… quello non lo fa, quello pensa sia una scemenza e quindi io non faccio, io non rispetto, io non mi adeguo”, ma non è certo adattandoci a quello che è sbagliato e criticando quello che è giusto che miglioreremo. Se non ti hanno chiesto il Green Pass al ristorante non è che allora non lo chiedo neanche io in palestra. Agli atleti chiediamo esercizi giusti, non meno sbagliati di altri, insegniamo a non commettere errori, non a guardare quelli altrui e a fare meno “perché tanto quello ha sbagliato”, dobbiamo smettere di criticare ed essere il più corretti possibile a prescindere dal sistema che come tutti non è infallibile, ma lo diventa se tutti cerchiamo il miglioramento.

  1. Quanto è davvero necessario il vaccino per un giovane sportivo? 

Questa è indubbiamente la domande che più ci avete fatto in questi giorni ed è per questo che abbiamo deciso di lasciarla in fondo a questa lunga e interessante trattazione. 

Il Dottor Annoni risponde: “Premesso che un giovane sportivo ha lo stesso dovere e diritto di vaccinarsi che ha un giovane adulto che non fa sport, a maggior ragione lo sportivo che per indole ha già un atteggiamento nei confronti della salute spiccato ed estremamente attento, dovrebbe avere interesse a vaccinarsi. Anche perché l’atleta nella stragrande maggioranza dei casi fa sport in un luogo di aggregazione e comunità per cui comunque lo fa in un posto dove è necessario essere protetti. Inoltre, se si tratta di agonista, per cui di uno sportivo che richiede una particolare continuità prestazionale se è vaccinato incappa molto meno in quarantene ed isolamenti per cui riesce a mantenere più facilmente una preparazione soddisfacente.

Inoltre se un agonista si ammala di COVID deve risostenere l’idoneità e fare accertamenti di approfondimento perché sono stati associati al COVID delle problematiche muscolari, neuropatiche, cardiologiche e respiratorie. Il COVID infatti, è una malattia virale che crea una serie di problematiche che se si manifestano interferiscono con l’attività sportiva, per cui è abbastanza evidente che sia più che indicato che uno sportivo si vaccini.

Per chi volesse approfondire, su PubMed, la biblioteca mondiale sulle riviste scientifiche, ad oggi vi sono 1510 pubblicazioni indicizzate (ossia con valore statistico e scientifico di linea guida) dimostrative dei danni che il COVID purtroppo crea negli atleti e di tutte le linee guida di recupero ad oggi redatte”. 

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/?term=covid+in+athletes

Ringraziamo di cuore il Dottor Matteo Annoni per aver risposto alle nostre domande, offrendoci prima di tutto la sua professionalità, ma anche numerose letture, informazioni ed importanti spunti di riflessione. 

Vogliamo infine sottolineare che, rispettiamo le opinioni contrarie, siamo aperti al dibattito e quindi a condividere anche pareri discordanti da quelli finora proposti, purché provengano da fonti certe ed altrettanto professionali.

S.V.

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